Tantra & Amore

Come il carattere influenza la nostra vita

Il carattere influenza la nostra vita? Moltissimo. Avete mai sentito la frase “è bravo, ma è vittima del suo carattere”? Da sola riassume mille testi sull’argomento, perché il “carattere” è quel sistema automatico con cui reagiamo e che nella maggior parte dei casi ci provoca problemi a raggiungere obiettivi, a collaborare con gli altri e a star bene in relazione col partner.

carattere difesa caratteriale

Cosa è il “carattere”?

La “difesa caratteriale”, è un insieme di strategie sviluppate nell’infanzia per proteggerci dalla sofferenza causata da bisogni non soddisfatti. Queste strategie (lamento, silenzio, vittimismo, prevaricazione, attaccamento, fuga, dipendenza, indipendenza, eccetera) vengono espresse nel nostro comportamento automatico, nelle idee radicate, nelle convinzioni inconsapevoli e anche negli atteggiamenti corporei. Il tutto ha generalmente una pesante influenza sull’intimità della relazione.

La difesa caratteriale è qualcosa che abbiamo tutti,
e che abbiamo sviluppato nei primi sette annidi vita,
per aiutarci a “sopravvivere al meglio” nel nostro sistema familiare.

Questi meccanismi, che abbiamo in parte costruito prima ancora di imparare a parlare e formulare pensieri complessi, sono profondamente radicati e sono del tutto “automatici”. Ci appartengono cosi tanto che non ne siamo consapevoli e guidano ogni nostra reazione, finché non ci rendiamo conto della loro esistenza. Anche a quel punto continuano a dominarci fino al momento in cui smettiamo di identificarci col nostro carattere.

Il momento di svolta è quando comprendiamo che:
“io ho un carattere, ma non sono il mio carattere”.

Tu hai un carattere ma non sei il tuo carattere

Perché è importante compiere questi due passi di consapevolezza? Perché le reazioni automatiche generate dai meccanismi difensivi, solitamente ostacolano la sintonia, l’armonia e l’intimità con le persone che ci amano, oppure possono esserci di ostacolo per avere successo nel lavoro o nel dialogo con i figli. Questo perché i comportamenti automatici tendono spesso a boicottarci, ad essere auto-sabotanti.
E non è difficile comprenderne il motivo: erano utili e funzionali quando eravamo neonati o bimbi piccoli, oggi siamo adulti e la situazione è differente, quindi difficilmente possono essere altrettanto validi. Divenire consapevoli del proprio carattere permette di essere registi della propria vita e non soccombere al proprio comportamento inconscio e istintivo. È importante comprendere che i tipi di carattere non sono patologici, ma sono normali comportamenti umani e che causano grosse difficoltà nel rapporto intimo, nella normale vita quotidiana e lavorativa.


le tipologie di carattere più comuni e riconoscibili:
L’Abbandonato.
Chi non ha avuto uno stretto e sufficiente legame con i propri genitori o non si è sentito abbastanza amato, accudito e curato, da adulto sentirà probabilmente, dentro di sé, la paura di essere abbandonato.

Episodi del partner che minano la propria sicurezza, facilmente attiveranno il vecchio terrore di essere abbandonato come nell’infanzia. Questo carattere mostra una tipica fragilità derivante da un senso elevato di abbandono e sente come vero che qualsiasi cosa gli venga offerta non è mai abbastanza.

Farà di tutto per non essere lasciato dal partner, “lavorando” molto per mantenere un legame stabile nella relazione; quasi mai quello che riceverà dall’altro  o dall’esterno, colmerà un vuoto che invece è interiore: vuoto di coccole, sesso, gesti amorevoli, cure. Ricercherà costantemente qualcosa o qualcuno che colmi questi bisogni che sente non soddisfatti, ma a lungo andare lo schema si ripeterà. L’abbandonato avrà necessità di sapere tutto del partner: cosa fa, dove va, cosa pensa. Pretenderà che il partner pensi e voglia tutto quello che vuole anche lui; sarà ipervulnerabile e sensibile alle sensazioni corporee (dolori e malattie di ogni tipo) e alle situazioni (basterà un atteggiamento di rifiuto del partner per farlo stare male). Frequentemente esagererà sentendosi vittima di tutto e tutti.

L’Invaso.
Chi ha vissuto da bambino momenti in cui è stato eccessivamente controllato (anche solo con uno sguardo insistente e severo), richiamato, limitato nei movimenti e nelle espressioni, da adulto avvertirà la paura di essere invaso o dominato.

La vicinanza diventa un avviso che il pericolo è imminente, i sentimenti non sono fatti per lui, è molto rigido sulle decisioni e sa bene cosa vuole e come “è fatto”. Spesso gli altri si sentono feriti dalla sua inaccessibilità e dalla rigidità nel prendere posizione, ma a quel punto lui pensa che ci sia qualcosa che non va negli altri e non in lui.

Si sente distaccato dalla gente, gli piace essere indipendente, gestire la propria vita e fare quello che vuole, riesce ad avere rapporti solo con chi rispetta i suoi confini. Di solito gli piace lavorare da solo o essere il leader del team, è una persona molto affidabile e una crisi sentimentale non ne mina l’efficienza pratica, anzi, condizionare la performance in base ai sentimenti è vissuto come perdita di tempo. L’invaso ama sport estremi capaci di amplificare le emozioni e le sensazioni corporee; sente poco ed esprime poco i sentimenti.
Raramente apre il proprio cuore all’amore: se sceglie un amante simile a lui troverà più sintonia, se invece sceglie qualcuno che è caldo e affettuoso, con la speranza che ciò lo apra e lo ammorbidisca o lo faccia sentire più vitale, è condannato al conflitto.

L’invaso, con la propria attitudine ad irrigidirsi, tende ad auto-invadersi, ad amplificare anche col proprio contributo le invasioni che arrivano dall’esterno, e questo ostacola il contatto con i suoi sentimenti ed emozioni. Ha difficoltà a parlare di sé, ha confini molto rigidi nelle convinzioni, nelle opinioni, ma anche negli spazi. Tende a recuperarli rapidamente aumentando la distanza, spaventando o addirittura offendendo gli altri.
Ha un modo di essere molto solido, pratico, rigido, con convinzioni nette su ciò che è giusto o sbagliato, bianco o nero. “Indossa” una corazza e difficilmente nutre sentimenti nel cuore; il sesso è preferito senza troppo coinvolgimento emotivo o intimità, paradossalmente riesce ad aprirsi di più con un estraneo che col partner, col quale più facilmente potrebbe diventare troppo intimo.

Il “Come se”.
Il terzo tratto caratteriale, il più diffuso, è un tratto che comprende i due precedenti e li arricchisce con ulteriori stratagemmi. Chi appartiene a questo terzo gruppo sente sia l’ansia dell’abbandono che dell’invasione e generalmente vive in uno stato di confusione, per cui prova sempre ad aggiustarsi.

Il carattere “come se” è tipico di chi nell’infanzia ha ricevuto messaggi contrastanti dai propri genitori, uno di invasione, l’altro di abbandono, oppure non è stato riconosciuto e accolto per quello che era, non è stato rispecchiato empaticamente. In altre parole ha ricevuto segnali miranti al doversi aggiustare o diventare qualcosa o qualcuno: se per esempio veniva sgridato spesso dai genitori per le proprie azioni, avrà la sensazione di non andar bene così come è e di doversi comportare “come se” fosse una persona diversa da come in realtà è e si sente. Ecco da dove deriva il nome di questo gruppo.
Da adulto non accetta che qualcuno gli dica cosa dire, fare e come agire. Quando le cose si fanno emotivamente intense cambia argomento o si annoia; è impaziente nei confronti delle fragilità, dei sentimenti e delle sofferenze, delle debolezze, dei desideri e dei limiti umani suoi e di chiunque altro.
Spinge se stesso al di là dei limiti salutari e si aspetta lo stesso dagli altri. Vuole sapere disperatamente chi è ma, con il solo riferimento interiore del suo carattere, non sa come fare, per cui compensa l’assenza di una identità interiore attraverso la creazione di un’immagine di se stesso legata al denaro, alla fama, alla posizione: insomma, recita un personaggio che ritiene “giusto” in quel momento o in quel periodo.
Diventa così un perfetto attore e da adulto vive la vita cercando di diventare perfetto per il ruolo che si è dato. Per esempio fa il bravo bambino con l’illusione di soddisfare a distanza di tempo i bisogni dei propri genitori, oppure personifica qualsiasi altro ruolo che ritiene appropriato in quel frangente, come il ribelle, l’alternativo, ecc.
Il “come se” di solito tende ad isolarsi da se stesso, è bloccato, incapace di unirsi alla voce centrale del proprio corpo che pure gli fornirebbe sostegno, saggezza e spiritualità. È bloccato come se non riuscisse ad accettare la propria fallibilità che, se fosse mostrata, porterebbe compassione negli altri, nel partner e magari anche in se stesso.
Per lui l’unica salvezza è unirsi alla propria voce corporea più autentica e scoprire una conoscenza di se stesso più profonda e vera. Di solito vive alla continua ricerca del significato della vita a causa del messaggio ricevuto di non andare bene così com’è.
Non gli piace che gli si dica cosa fare, trova di frequente tante ragioni per dire di no: il “no” a ogni proposta è un modo per prendere distanza, almeno inizialmente, per poi valutare con più calma e magari trasformare qualche no in sì, creando però un meccanismo estenuante per chi gli sta vicino. Ha un’idea molto definita di come le cose dovrebbero essere e di come i fatti dovrebbero andare.
Non è autentico, perché crea un’immagine costruita di se stesso percependosi quindi in modo diverso da come è realmente, vivendo “diviso” e “separato” da se stesso, dal corpo, dalle emozioni e dalla vitalità. Per lo stesso motivo è solito ingrandire o sminuire i fatti e le situazioni a proprio tornaconto, a seconda dell’idea che ha sull’argomento o di quello che vuole comunicare.
Alcuni semplici esempi sono: “Arrivi tardi ogni volta” se vuole rimarcare che accade la maggior parte delle volte, oppure “Ho sbagliato tutto” per dire che qualcosa è andato storto, o infine “Ho pescato un pesce di 7 kg” per dire che era al di sopra delle proprie aspettative, ma magari era molto meno.
Nei rapporti intimi ha un atteggiamento sia troppo lontano sia troppo vicino poiché sperimenta simultaneamente la paura di essere abbandonato o di essere invaso.
Un tipico atteggiamento è quello di visualizzare in anticipo le situazioni che si aspetta di vivere, per esempio un incontro, un atto di amore, e si attiene al film che si è fatto, trattando se stesso e l’altro come oggetti.
Talvolta, attraverso una profonda apertura del cuore, il “come se” può temporaneamente svegliare il proprio corpo e in tal modo stabilire un autentico legame con l’io interiore che conduce a un’esperienza essenziale con l’altro.
Se riesce ad accettare il proprio carattere senza orgoglio e senza rimorso, può avere l’opportunità di conoscersi in profondità, di amare e lasciarsi amare, riuscendo a entrare in contatto con i sentimenti dell’altro.


Il carattere è uno strumento da conquistare

Il sistema di difesa che abbiamo sviluppato è la capacità di adattamento che abbiamo trovato come unica possibile per continuare a vivere in “quel” tempo specifico. Non c’è e non ci deve essere giudizio o senso di colpa nei confronti dei genitori  nel diventare consapevoli di tali situazioni infantili, non conta, infatti, se abbandono o invasione siano stati reali o ben motivati, conta solo ciò che abbiamo percepito all’epoca. Magari la mamma non è corsa subito al nostro primo vagito perché era in bagno o non ci ha sentito subito, non c’è stato un vero e proprio abbandono, ma noi lo abbiamo “sentito” lo stesso, sviluppando la relativa difesa caratteriale. E soprattutto, oggi noi non siamo più quei bambini o neonati che eravamo all’epoca e i nostri bisogni sono diventati diversi dal mangiare, bere o avere il pannolino cambiato… né abbiamo più necessità, per sopravvivere, di un adulto che si prenda cura di noi.

Solo comprendendo profondamente la nostra difesa caratteriale potremo aprirci al riconoscimento di queste parti di noi e poi integrarle, aprendo il cuore a noi stessi. Soltanto riconoscendo le varie sfaccettature del carattere è possibile ritornare più autentici anche nel corpo, sciogliendo le emozioni e le energie bloccate.

La consapevolezza della difesa e la cura della ferita infantile ci consentono di vedere il carattere come uno strumento da conquistare e non come un’essenza con cui identificarci. Saremo a quel punto in grado di decidere se e quando usarlo, come ogni altro strumento. In una relazione d’amore solitamente è controproducente, se non dannoso, soprattutto nei momenti di intimità.

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